Se c’è rimedio perché te la prendi?
E se non c’è rimedio perché te la prendi?
Confucio

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domenica 1 novembre 2009

Diario

Basta, ho deciso, metterò "Una storia di amore e di tenebra" di Amoz Oz nel triste e doloroso angolo dei libri non finiti.
Non riuscire a concludere la lettura di un libro mi fa sentire in colpa. E' come facessi un oltraggio all'autore del libro caduto in disgrazia, come se lui o lei fosse dietro me quando lo colloco in un'angolo semi nascosto della mia libreria e mi guardasse con uno sguardo denigratorio, deridendomi per la mia incapacità di non cogliere l'essenza del libro stesso.

Eppure "Una storia di amore e di tenebra" è molto bello. E' " un'autobiografia in forma di romanzo e narra una storia familiare (dell'autore) che si muove in 120 anni, avanti e indietro nel tempo, con una vasta galleria di personaggi che rappresentano quattro generazioni di sognatori, studiosi, uomini d'affari falliti e poeti egogentrici, riformatori del mondo, impenitenti donnaioli e pecore nere".

Ho comprato questo libro sopratutto per capire l'inizio di un mondo, di una società, di uno
stato israeliano, che non conosco abbastanza.
Mi incuriosiva comprendere i primi personaggi che hanno colonizzato con il patrocinio dell'Inghilterra, una terra non sua; volevo capire come un popolo che ha sofferto molto, abbia ucciso o permesso ad altri di uccidere, migliaia di persone, in buona parte donne e bambini, un popolo che da vittima è diventato aguzzino.
Riferendomi in special modo al massacro di Sabra e Shatila, riporto alcuni stralci di articoli di alcuni giornali
David Lamb scrive sul quotidiano Los Angeles Times del 23 settembre 1982:
« Alle 16 di venerdì il massacro durava ormai da 19 ore. Gli Israeliani, che stazionavano a meno di 100 metri di distanza, non avevano risposto al crepitìo costante degli spari né alla vista dei camion carichi di corpi che venivano portati via dai campi. »


Elaine Carey scrive sul quotidiano Daily Mail del 20 settembre 1982:
« Nella mattinata di sabato 18 settembre, tra i giornalisti esteri si sparse rapidamente una voce: massacro. Io guidai il gruppo verso il campo di Sabra. Nessun segno di vita, di movimento. Molto strano, dal momento che il campo, quattro giorni prima, era brulicante di persone. Quindi scoprimmo il motivo. L'odore traumatizzante della morte era dappertutto. Donne, bambini, vecchi e giovani giacevano sotto il sole cocente. La guerra israelo-palestinese aveva già portato come conseguenza migliaia di morti a Beirut. Ma, in qualche modo, l'uccisione a sangue freddo di questa gente sembrava di gran lunga peggiore »


Loren Jankins scrive sul quotidiano Washington Post del 20 settembre 1982:
« La scena nel campo di Shatila, quando gli osservatori stranieri vi entrarono il sabato mattina, era come un incubo. In un giardino, i corpi di due donne giacevano su delle macerie dalle quali spuntava la testa di un bambino. Accanto ad esse giaceva il corpo senza testa di un bambino. Oltre l'angolo, in un'altra strada, due ragazze, forse di 10 o 12 anni, giacevano sul dorso, con la testa forata e le gambe lanciate lontano. Pochi metri più avanti, otto uomini erano stati mitragliati contro una casa. Ogni viuzza sporca attraverso gli edifici vuoti - dove i palestinesi avevano vissuto dalla fuga dalla Palestina alla creazione dello Stato di Israele nel 1948 - raccontava la propria storia di orrori. In una di esse sedici uomini erano sovrapposti uno sull'altro, mummificati in posizioni contorte e grottesche. »

Fonte-Wikipedia
Ognuno ha le sue idee in proposito e queste sono le mie idee, in fatto di politica israeliana.



Comunque " Una storia di amore e di tenebra" lo riprenderò tra le mani in un'altro momento non è un libro da lasciar perdere, assolutamente; in questo momento non "reggo" storie con una miriade di personaggi ed esposizioni minuziose che normalmente mi attraggono ma che ora mi risultano alquanto pedanti.

Ho iniziato proprio oggi la lettura di un'altro libro di Josè Saramago, Premio Nobel per la Letteratura "Memoriale del convento"e forse ne parlerò quando l'avrò letto.


Devo dire che ho molto rallentato i momenti concessi alla lettura, e più precisamente dai primi di settembre, da quando ho deciso di aprire questo blog.
Non so voi, ma, quando una cosa nuova mi affascina, mi prende, spendo tutto il mio tempo libero per gestirla, e così è successo dall'esordio del blog.

mercoledì 30 settembre 2009

I Figli tuoi di Hahlil Gibran


I libri non solo si leggono, si toccano, si odorano, ma nascondono in mezzo alle pagine, a volte per poco tempo, a volte per anni, tracce della nostra vita. Frammenti di fogli con indirizzi, fotografie ingiallite, fiori e foglie seccate, raccolte in anni precedenti e lasciate lì inerti.
Frasi abbandonate in piccoli lembi di carta; frasi amorose, frasi rabbiose scritte in un impeto d'ira.
Anche per questo amo i libri e non vado in biblioteca, ma li compro, per tenerli con me e guardarli, sfogliarli quando voglio.
Mi ricordo il primo libro letto da ragazzina, alle medie, " Marcovaldo " di Italo Calvino; subito dopo autori come Cassola, Silone, Pratolini, Salgari, London, mi hanno affascinato, anche se di generi letterari diversi.
Nel pieno dell'adolescenza la letteratura Americana mi ha intrigato; Heminghway è stato il primo, seguito da Artur Miller, Bukonski e nello stesso momento ho conosciuto la fantascienza; tantissimi libri di Urania con al centro il grande Asimov.
Così ho continuato a leggere, per molti anni.
La nascita dei gemelli (ma non è colpa loro) ha rallentato per alcuni anni la mia voglia di lettura ma, mentre loro crescevano, forse ritrovando più tempo per me stessa ho ripreso a leggere.
Tutta questa premessa per dire che ho trovato nella libreria, dietro alcuni libri, due pergamene scritte a scuola dai miei figli, credo per una festa della mamma del 2003.

Si tratta di una bellissima poesia di Hahlil Gibran


I tuoi figli non sono
figli tuoi, sono i figli e
le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo
ma non li crei.
Sono vicini a te,
ma non sono cosa tua,
puoi dar loro tutto il tuo

amore non le tue idee.
Perchè essi hanno
le proprie idee, puoi dar
dimora al loro corpo
non alla loro anima.
Perchè la loro anima abita nella casa
dell'avvenire, dove a te
non è permesso di entrare
neppure col sogno.

puoi cercare di
somigliare loro, ma non
volere che somiglino
a te perchè la vita non
ritorna indietro e non
si ferma a ieri.
Tu sei l'arco che lancia
i figli verso il domani.




poi cercando la poesia in rete ho trovato l'originale


E una donna che reggeva un bambino al seno disse:
Parlaci dei Figli.

E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sè stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E benché vivano con voi non vi appartengono.

Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri:

Essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
Esse abitano la casa del domani,
Che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro,
Ma non farvi simili a voi:
La vita procede e non s'attarda sul passato.

Voi site gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti.
L'arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito,
E vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell'arciere;
Poiché come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell'arco.


Non sono una persona che ama la poesia im modo particolare, quando mi capita di leggerne qualcuna, se mi piace fin dalle prime strofe o il titolo mi "comunica qualcosa" continuo, oppure mi fermo. Quindi, dopo aver dichiarato la mia ignoranza in materia, posso dire che la versione scolastica della poesia mi è piaciuta come l'originale!

Citazioni di Gibran:

-Non mascherare i tuoi difetti con le virtù acquisite. Preferisco i difetti: sono simili ai miei.
-Il significato di un uomo non va ricercato in ciò che egli raggiunge, ma in ciò che vorrebbe raggiungere.