Se c’è rimedio perché te la prendi?
E se non c’è rimedio perché te la prendi?
Confucio

domenica 10 gennaio 2010

Manifestazione per una "vera giustizia"

Sabato 16 Gennaio a Livorno (concentramento ore 11.00, p.za della Repubblica)
Maria Ciuffi, mamma di Marcello Lonzi, giovane ucciso nel carcere "Le Sughere" di Livorno nel 2003, ha convocato una manifestazione per chiedere verità e giustizia.

A Maria si sono uniti tanti altri familiari di vittime dello Stato: saranno presenti i familiari di Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino, Manuel Eliantonio, Stefano Cucchi, Riccardo Rasman, Niki Gatti.



sabato 9 gennaio 2010

Marco De Santis

Se la rete è solidarietà e giustizia sociale, come penso che sia, allora è giusto raccontare la storia di Marco de Santis, una persona come me e voi che si è imbattuta nelle maglie della mala-giustizia.
Da circa due mesi conoscevo la storia di Marco su Fb , unendomi al gruppo S.O.S. per Marco, a rischio di morte per violenze come Stefano Cucchi
Questo è il racconto scritto di suo pugno da Marco a Report On Line

Il sottoscritto DE SANTIS MARCO (nato a Gallipoli - LE - il 27/gennaio/1963) con residenza a OSPITALETTO via Padana Superiore n°83 , e attualmente domiciliato in RODENGO-SAIANO 25050, via Brescia 14 - BS - (INVALIDITA’ CIVILE 80% - INVALIDITA’ LAVORATIVA al 45%)
Consapevole dei diritti di legge mi assumo tutta la responsabilità di quello che scrivo.
Chiedo, a chi di competenza, di verificare tutto il mio assurdo caso, di MALA-GIUSTIZIA
La sera del 25 febbraio 2009 durante una "normale lite familiare con la moglie" in presenza dei miei figli, senza toccare con un solo dito mia moglie e stanco delle sue continue lamentele verso di me, le chiedo solo di andare via da casa se non mi sopporta più, basta. Lei va via, ma dopo 10 minuti mi arrivano in casa due carabinieri di Ospitaletto (e visto che era la terza volta che questo accadeva) mi invitano a seguirli in caserma, perché il MARESCIALLO mi voleva parlare.
Visto che in precedenza molte volte io stesso ho cercato di parlare con il MARESCIALLO ma non ci sono mai riuscito (chissà perché) decido di seguire i due carabinieri, pensando di poter chiarire la situazione una volta per tutte! Esco dal mio appartamento accompagnato da mia madre al seguito dei due carabinieri. Passato il cortile di casa e arrivati in strada un carabiniere mi impone di salire in auto, ho solamente fatto presente al carabiniere che la caserma è di fronte a casa mia, bastava attraversare la strada. Ma mi è bastato dire questo, per essere spinto con violenza per terra in mezzo alla strada ed essere ammanettato con le mani dietro la schiena. Non mi spiego ancora oggi il perché di questa scena da FILM, in mezzo alla strada, con le macchine che si fermavano e la gente che guardava. Già dolorante perché invalido (devo camminare con l’uso di stampelle che i carabinieri non mi hanno fatto prendere da casa) e con in più la violenta spinta sull’asfalto e il peso del carabiniere sulla mia schiena con il ginocchio per ammanettarmi non potete immaginare il dolore che mi hanno provocato.
(E’ da tener presente che qualche mese prima ho subito un intervento di STABILIZZAZIONE DELLE VERTEBRE L5-S1)
Ma non è finita qui. Portato in caserma nella loro anticamera di ingesso lo stesso carabiniere che mi ha ammanettato sull’asfalto, mi ha nuovamente sbattuto per terra a faccia in giù e questa volta in CINQUE O SEI CARABINIERI HANNO INCOMINCIATO UN PESTAGGIO PAZZESCO A CALCI, PUGNI, COLPI DI MANGANELLI, ma erano talmente presi a darmele di santa ragione che non si sono accorti di aver lasciato la porta aperta e mia madre sulla porta urlava: "PERCHE’ GLI STATE FACENDO QUESTO?". Come risposta un carabiniere le ha sbattuto la porta in faccia ed hanno ripreso il loro pestaggio contro di me.
Dopo circa 10 minuti di "sfogo" su di me mi hanno rimesso in piedi e sbattuto su una sedia.
Io non riuscivo a capire più niente, tante le botte che avevo preso; in più sentivo mia madre che continuava a bussare e urlare fuori dalla porta. Dopo qualche minuto viste le condizioni in cui mi avevano ridotto, due carabinieri mi hanno preso e portato all’ospedale S.ANNA di Brescia, ma in auto mentre mi accompagnano in ospedale mi consigliano di non dire quello che era veramente accaduto, per non "aggravare" di più la mia situazione e che al ritorno avrei parlato con il MARESCIALLO e tutto sarebbe finito lì.
Infatti arrivati al Pronto Soccorso davanti al medico e sempre con i due carabinieri, io steso su una barella e il medico, seduto alla sua scrivania con a fianco un carabiniere, mi chiede cosa è successo. Io, vedendo il carabiniere vicino al dottore che muoveva la testa nel senso di farmi capire di NON RACCONTARE QUANTO EFFETTIVAMENTE ACCADUTO, ho risposto di essere caduto dalle scale, però ho anche riferito di accusare dei fortissimi dolori alla schiena, al torace e alla testa. EPPURE IL MEDICO NON SI E NEMMENO AVVICINATO A GUARDARMI e visitarmi NONOSTANTE AVESSI IL VOLTO A SANGUE. Fine della "visita medica" .
Sempre ammanettato con le mani dietro la schiena con un carabiniere siamo usciti in sala attesa, mentre l’altro carabiniere si è intrattenuto con il medico del pronto soccorso per circa 15/20 minuti. Poi siamo ripartiti per ritornare a Ospitaletto e gli stessi carabinieri si complimentano con me lasciandomi intendere che tra poco tutto sarebbe finito e io sarei tornato a casa. Ma una volta rientrati nella caserma di Ospitaletto, sempre in attesa di parlare con il MARESCIALLO, dopo circa dieci minuti, sono stato ripreso dagli stessi carabinieri che mi avevano portato in ospedale per essere portato alla caserma di GUSSAGO.
Io non riuscivo a capire niente e continuavo a chiedere quando avrei parlato con il MARESCIALLO e il perché mi portavano a Gussago. Risposta: "per seguire la procedura dovevo fare delle foto". Fatte le foto, prese le mie impronte digitali mi riportano a Ospitaletto, rassicurandomi che una volta arrivati avrei parlato con il MARESCIALLO.
Ma cinque minuti dopo essere arrivati a Ospitaletto, non ho visto nessuno, nè il MARESCIALLO nè alcuno dei miei familiari; mi hanno rimesso in macchina e a sirene accese e di corsa mi hanno portato al CARCERE di Cantonmondello. Io continuavo a chiedere spiegazioni, ma i due carabinieri continuavano a ridersela tra loro.
Arrivati al carcere, i due sempre con modi disprezzativi e maldestri mi hanno consegnato ad un agente della Polizia Penitenziaria il quale, durante il tragitto in carcere fino ad arrivare non so in quale ufficio continuava a spingermi e a darmi calci e pugni da dietro e, alla mia domanda perché mi trattava in quel modo sapete cosa mi ha risposto? "LO HANNO FATTO I CARABINIERI, PERCHE’ NON POSSO FARLO ANCH’IO?"
QUESTO E’ SOLO L’INIZIO DELLA MIA FINE COME UOMO!
Dopo tre giorni vengo interrogato da un giudice e nonostante la nomina di un difensore di ufficio che non si è presentato, il giudice mi ha chiesto se volevo parlare ugualmente, tenendo presente che tutto quello che dicevo, senza la presenza dell’ avvocato, poteva essere usato contro di me in tribunale. IO CONSAPEVOLE DI NON AVER FATTO NIENTE DI ILLEGALE, ho raccontato tutto quello che Vi ho appena descritto sopra.
Il giudice si è subito pronunciato di essere disposto a concedermi gli arresti domiciliari, ma visto che a casa mia con mia moglie era da escludere, mi ha chiesto se avevo dei parenti o amici disposti a prendermi con loro a casa. Io ho risposto di si, che ho un fratello che vive a Brescia, ma per correttezza dovevo prima chiedergli se era disposto ad accogliermi a casa sua. Così il giudice ha convalidato il mio arresto in attesa di sapere se qualcuno fosse disposto a prendermi a casa con gli arresti domiciliari.
HO PASSATO QUINDICI GIORNI IN PRIGIONE TRA DOLORI FISICI ATROCI (ogni giorno in infermeria per farmi sempre di continuo lastre al torace, non riuscivo a respirare, avevo delle costole inclinate e di RX ne ho fatte tantissime).
MA DOLORI FISICI A PARTE, QUELLI MORALI ERANO ANCORA PEGGIO E SOPRATUTTO LA RABBIA per gli abusi subiti ad opera dei CARABINIERI DI OSPITALETTO. Ancora oggi non riesco a capire il perché sono stato ridotto in quel modo, ma soprattutto COSA HO FATTO PER ESSERE PESTATO A SANGUE.
Dopo 15 giorni di prigione, di quasi agonia e sofferenza un avvocato questa volta da me nominato riesce a farmi concedere gli arresti domiciliari presso l’abitazione di mio fratello.
Dopo due lunghi mesi di arresti domiciliari, per evitare di perdere il mio lavoro, unica fonte di reddito per la mia famiglia, mi viene concessa la libertà con obbligo di firma.
Vista l’ordinanza del giudice che mi impediva di ritornare nella mia abitazione con la mia famiglia ho dovuto trovare un appartamento (con tutte le spese che ciò comporta) ed ora sono domiciliato in Rodegno-Saiano via Brescia 14.
MA ANCORA NON E’ FINITA. Una sera dopo tanti mesi di reclusione decido appena finito di lavorare di fare un giro con la mia macchina a Ospitaletto, il paese dove ho vissuto per 10 anni e dove abitano i miei figli e amici. Incontro un amico che mi offre al bar un aperitivo: UN CAMPARI CON UN GOCCIO DI GIN. Avevo chiesto per telefono a mio figlio maggiore un mio oggetto da casa e gli avevo promesso che sarei passavo sotto casa per prendermi questo oggetto. Preciso che CASA MIA è situata di fronte alla Caserma dei Carabinieri di Ospitaletto. Parcheggio sotto casa, in attesa che mio figlio scenda da casa, nel frattempo ricevo una chiamata da mia madre che mi riferiva che era pronta la cena, richiamo mio figlio che non riusciva a trovare quello che mi serviva, e gli dico di lasciar perdere perché dovevo andare a cenare. Chiudo il telefonino, rimetto in moto la macchina e riparto, destinazione casa in Rodegno-Saiano, MA SENZA NEMMENO AVERCI FATTO CASO LA MACCHINA CHE MI PRECEDEVA INDOVINATE CHI ERA? LA MACCHINA DEI CARABINIERI, GLI STESSI CHE MI AVEVANO PESTATO A SANGUE. Ho visto che il carabiniere seduto a fianco al conducente si voltava dietro e non appena riconosciuta la mia vettura ha tirato fuori la paletta per fermarmi. Io ero in regola al 100% ma appena il carabiniere si è avvicinato alla mia auto, con fare molto minaccioso mi dice: "SEI USCITO? MA TU DA OSPITALETTO NON DEVI PIU’ NEMMENO PASSARE, VIENI IN CASERMA CHE TI FINIAMO DI ROVINARE NOI". Difatti non ancora contenti del male che mi avevano fatto, questa volta senza picchiarmi - ma non vi dico le parole di offesa e di umiliazione verso di me (tipo invalido di merda, non vali un cazzo, sei un invalido fallito, e adesso ti diamo il colpo finale) tirano fuori tante multe, false naturalmente, tipo guida senza cintura (io avevo la cintura), guida con il telefonino (non è vero: avevo già finito di telefonare quando ero fermo) e tante altre; mentre due carabinieri erano fuori a perquisire la mia auto, arriva una signora con in mano un aggeggio che non avevo mai visto, entra dentro la caserma dove aspettavo e poco dopo mi chiamano per farmi entrare e soffiare in questo aggeggio. Ho solo chiesto a cosa serviva, tanto con l’alcol messo dentro con l’aperitivo offertomi poco prima, il risultato era scontato. RISPOSTA: "CI SERVE PER TOGLIERTI LA PATENTE, COSI’ NON CI ROMPI PIU’ I COGLIONI". Ho dovuto per forza soffiare e il risultato era già scontato, ma questo ha permesso loro di sospendermi la patente per sei mesi. COSA PUO’ FARE UN INVALIDO COME ME CHE CAMMINA A FATICA , SENZA PATENTE? Mi chiedono se avevo qualcuno da chiamare per farmi tornare a casa, e io chiamo mio padre. Ma usciti dalla caserma, arrivati vicino alla mia auto, non riesco nemmeno a descrivere il modo e lo stato in cui mi avevano ridotto la macchina internamente: sedili smontati e poggiati fuori l’auto, dentro tutto sottosopra, documenti per terra, altri oggetti sparsi dappertutto. Non ci ho visto più dalla rabbia, tutte le carte dei verbali che avevo in mano le ho buttate per aria, e solo grazie alle dissuasioni di mio padre non sono ritornato ancora dentro la caserma per reclamare giustizia. Così piangendo come un bambino ferito a morte, sono ritornato a casa.
Ma, tutto questo, mi ha portato alla depressione totale, non mangio più, non voglio più vivere, mi hanno distrutto la vita, mi hanno tolto tutto quello che ho costruito nella mia vita.
Questo, un giorno mi ha portato a decidere di farla finita per sempre: ho preso con la mia auto la tangenziale che da Rodengo-Saiano porta verso Gussago e appena ho visto che la strada era libera, ho lanciato la mia macchina a tutta velocità fuori strada.
Sfortunatamente, ho solo distrutto la mia macchina e mi sono fatto male sempre nella mia già mal ridotta colonna vertebrale riportando due fratture alle vertebre L1 - L2.
Invece di quello che speravo di trovare (la fine, visto che la mia storia è una storia d’istigazione al suicidio) ho trovato nuovamente un mare di verbali da pagare e ritiro della patente per più di un anno.
Ma la cosa più assurda ora, è che con due vertebre rotte sono in attesa di un intervento chirurgico per chiudere le fratture con VITI e STAFFE IN TITANIO. Ma non solo: in base ad un certificato medico del vice primario del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale civile di Brescia mi si consiglia il riposo assoluto e di evitare ogni genere di spostamenti in quanto RISCHIO LA TOTALE ROTTURA DELLE VERTEBRE CON CONSEGUENTE PARALISI degli arti inferiori.
Ciò nonostante, IL GIUDICE PRETENDE, ignorando IL CERTIFICATO MEDICO che io SENZA PATENTE CONTINUI AD ANDARE A GUSSAGO a 10 Km DA CASA MIA PER ASSOLVERE ALL’ OBBLIGO DI FIRMA.
ERO UN UOMO ONESTO, PADRE DI TRE FIGLI, I CARABINIERI DI OSPITALETTO MI HANNO TRASFORMATO SENZA NESSUN MOTIVO IN UN "CRIMINALE DELLA PEGGIOR SPECIE".
ORA TROVO PERSINO UN GIUDICE CHE MI IMPONE IL SUO VOLERE disattendendo le risultanze di un CERTIFICATO MEDICO DI UN NEUROCHIRURGO SPECIALISTA DI UNA STUTTURA PUBBLICA.
HO AVUTO A CHE FARE CON TANTI VERI CARABINIERI EDUCATI E CORRETTI COME IO LO SONO STATO CON LORO.
PERCHE’ QUELLI DI OSPITALETTO SONO PARTICOLARI?
MI HANNO TOLTO TUTTO, FAMIGLIA, FIGLI, CASA, AUTO, PATENTE MA IO NON SONO TOTO’ RIINA E NON FARO’ LA FINE DI STEFANO CUCCHI. IO LOTTERO’ PERCHE’ CHI HA SBAGLIATO PAGHI .
VOGLIO E PRETENDO GIUSTIZIA, QUELLA CHE LO STATO DOVREBBE GARANTIRE A OGNI CITTADINO
DISTINTI SALUTI
De Santis Marco

Martedì 12 gennaio presso il tribunale di Brescia ci sarà la prima udienza dibattimentale in cui, (speriamo!) sarà fatta chiarezza sulle violenze subite da Marco De Santis ad opera di sei carabinieri. Dibattimentale perchè Marco ha con grande coraggio rifiutato ogni patteggiamento o rito abbreviato, con la conseguente sospensione condizionale della pena che potrebbe portare ad un insabbiamento della sua vicenda.
Ed è proprio ciò che Marco vuole che non succeda.


La pagina di Marco su Fb

"Morire in carcere"

Sono tanti, troppi, i 172 morti all'interno delle carceri italiane nel 2010.
Morti che non hanno ancora avuto giustizia; del resto come si fa oggi a parlare di giustizia sociale in un paese come l'Italia, sprofondata, grazie all'aiuto della nostra classe politica, in una sorta di limbo mediatico sociale di infimo livello.
Questi morti erano persone, uomini, donne di ogni età, razza, diversi nel loro vissuto sociale, accomunati però dalla loro morte violenta.
Il sovraffollamento delle carceri non autorizza l'assassino di ragazzi di 18 anni pestati a sangue, colpiti senza potersi difendere. "Bestie" i loro aguzzini, ma le bestie non fanno così, loro non brutalizzano i loro simili!
E non sono colpevoli solo le persone che fisicamente hanno massacrato di botte ragazzi come Stefano Cucchi, ma anche i magistrati, dottori, poliziotti che li difendono, che occultano le prove e favoreggiano con il "non dire" un' aberrante ingiustizia.




Alcuni articoli-

.indymedia

La morte di Aldo Banzino
la morte di Manuel Eliantonio
la morte di Marcello Lonzi
Carcere di Sollicciano


"Le carceri sono strapiene anche perchè‚ vi si trovano troppi imputati - il 40% dei quali è destinato ad essere assolto - (dal 2002 al 2007 lo Stato ha speso 212mln di euro come riparazione per le ingiuste detenzioni - vedi allegato) e troppi condannati con condanne minime (quasi 10mila hanno meno di 1 anno di pena residua) che potrebbero scontare in misura alternativa.
"Premettendo che ogni decesso dietro le sbarre rappresenta di per sè‚ un fatto inaccettabile per la civiltà del paese e per le nostre coscienze, - conclude l'Osservatorio - viene da chiedersi quanti dei detenuti che muoiono ogni anno avrebbero potuto essere fuori dal carcere e, probabilmente, essere ancora vivi".
Le morti sono piú frequenti tra i carcerati in attesa di giudizio, rispetto ai condannati, in rapporto di circa 60/40: mediamente, ogni anno in carcere muoiono 90 persone ancora da giudicare con sentenza definitiva e le statistiche degli ultimi 20 anni ci dicono che 4 su 10 sarebbero stati destinati ad una assoluzione, se fossero sopravvissuti. In definitiva, ogni anno 30 - 35 dei morti in carcere erano probabilmente innocenti.
A questi vanno naturalmente aggiunti i condannati che avrebbero potuto essere in misura alternativa, ma qui il calcolo diventa piuttosto difficile. Non potendo dare un quadro esaustivo abbiamo raccolto alcune vicende significative riguardanti suicidi di detenuti che sono morti proclamandosi innocenti, facendo con il proprio corpo, con la propria vita, un estremo tentativo di discolpa.
Ma anche vicende di detenuti che in carcere non dovevano essere: malati terminali, paraplegici, accusati del furto di una bicicletta, di resistenza a pubblico ufficiale, immigrati "catturati" in Questura dove erano andati a chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno, tossicodipendenti in preda alla disperazione".

"Sanzioni amministrative aumentate del 18,5%, richieste di programma terapeutico diminuite, invece, di quasi il 90%, questo mentre un terzo degli ingressi in carcere riguardano tossicodipendenti (30.500 su 92 mila ingressi nel 2008): la linea dura nei confronti di chi produce, traffica e detiene droga si e' tradotta in un intasamento del sistema penale da parte 'di soggetti dal profilo criminale piu' basso'. A fare il punto sull'applicazione delle legge Fini-Giovanardi, che nel 2006 ha inasprito le sanzioni, e' la versione aggiornata del Libro Bianco di Antigone e Forum droghe presentato durante un incontro con l' associazione Radicale Adelaide Aglietta di Torino.
Dall'entrata in vigore della legge - rileva il rapporto - le segnalazioni per il reato di spaccio sono aumentate del 13%, mentre quelle per il reato piu' grave di associazione a fini di spaccio sono diminuite del 15%. Questo ha notevoli conseguenze sul sistema carcerario: le segnalazione in stato di arresto sono state il 18,4% in piu', quelle di stranieri sono aumentate di un quarto. Sono 28.800 le persone entrate negli istituti penitenziari per reati legati alla droga (produzione, detenzione e spaccio), mentre, dal 2006 (dopo l'indulto) il numero delle misure alternative e' crollato: a fronte di quasi 15 mila tossicodipendenti attualmente detenuti sono 1.200 quelli in affidamento terapeutico, meno di un terzo rispetto all'inizio del 2006. Si predilige la detenzione in carcere, mentre, conclude il rapporto, 'e' dimostrato che i tassi di recidiva per chi sconta una pena alternativa sono molto piu' bassi e i costi di gestione inferiori".
Fonte
Aduc

lunedì 4 gennaio 2010

Amore di sé



Amore di Sé
Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono reso conto
che la sofferenza e il dolore emozionali sono solo un avvertimento
che mi dice di non vivere contro la mia verità.
Oggi so che questo si chiama AUTENTICITA'

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito
com'è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta,
anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama RISPETTO PER SE STESSI.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso
di desiderare un'altra vita e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda
é un invito a crescere.
Oggi so che questo si chiama MATURITA'.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho capito di trovarmi sempre
ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto e che tutto quello
che succede va bene.
Da allora ho potuto stare tranquillo.
Oggi so che questo si chiama RISPETTO PER SE STESSI.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di privarmi del mio tempo
libero
e di concepire progetti grandiosi per il futuro.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento,
ciò che amo e che mi fa ridere, a modo mio e con i miei ritmi.
Oggi so che questo si chiama SINCERITA'.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono liberato di tutto ciò
che non mi faceva del bene: cibi, persone, cose, situazioni e da tutto ciò
che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso,
all'inizio lo chiamavo "sano egoismo", ma oggi so che questo è AMORE DI SE'

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, ho smesso di voler avere sempre
ragione.
E cosi ho commesso meno errori.
Oggi mi sono reso conto che questo si chiama SEMPLICITA'.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono rifiutato di vivere nel
passato
e di preoccuparmi del mio futuro.
Ora vivo di piu nel momento presente, in cui TUTTO ha un luogo.
E' la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo PERFEZIONE.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero, mi sono reso conto che il mio
pensiero può
rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho chiamato a raccolta le energie del mio cuore, l'intelletto è
diventato
un compagno importante.
Oggi a questa unione do' il nome di
SAGGEZZA DEL CUORE.

Non dobbiamo continuare a temere i contrasti, i conflitti e i problemi con
noi stessi e con gli altri
perché perfino le stelle, a volte, si scontrarno fra loro dando origine a
nuovi mondi.
Oggi so che QUESTO è LA VITA!

Chalrles Chaplin - in occasione del suo 70° compleanno

domenica 3 gennaio 2010

"Humanity"

Gli Scorpions sono un gruppo hard & heavy tedesco fondato nel 1965 nella città di Hannover, Germania, dal chitarrista Rudolf Schenker.

Influenzati largamente dall'atmosfera degli anni sessanta, gli Scorpions divennero famosi per le tracce Rock You Like a Hurricane, Wind of Change, No One Like You e Still Loving You ed altre che hanno rappresentato un importante punto di riferimento per le successive band di questo genere musicale. Dopo circa un decennio di declino la band ha ricominciato a produrre album di grande qualità come Unbreakable (2004) e l'ultimo Humanity - Hour 1 pubblicato in tutto il mondo nel 2007.

La band ha venduto in oltre quarant'anni di attività più di 75 milioni di dischi nel mondo[12] ed è considerata come una delle maggiori realtà musicali della storia musicale tedesca e mondiale per il genere hard & heavy.
Fonte -Wikipedia


Umanità
auf wiedersehn è tempo di dire arrivederci
la festa è finita e l' ultimo buono muore e gli angeli piange
umanità,
arrivederci per tua insanità
hai venduto la tua anima per nutrire i tuoi malefici le tue
fantasie e bugie
sei una goccia nella pioggia
solo un numero, non un nome
non lo vedi
non ci credi
alla fine del giorno
sei un ago nel pagliaio
lo firmato e sigillato
e ora devi trattare con questo
umanità umanità,
arrivederci
stai sulla tua via
addio amico
c'è un prezzo da pagare
per tutti questi stupidi giochi che hai giocato
il mondo che hai creato se ne è andato
sei una goccia nella pioggia
solo un numero, non un nome
non lo vedi
non ci credi
alla fine del giorno
sei un ago nel pagliaio
lo firmato e sigillato
e ora devi trattare con questo
umanità, umanità,
arrivederci
nei tuoi occhi
sto primeggiando alla fine fel tempo
niente ci può cambiare
niente ci può salvare
sei una goccia nella pioggia
solo un numero, non un nome
non lo vedi
non ci credi
alla fine del giorno
sei un ago nel pagliaio
lo firmato e sigillato
e ora devi trattare con questo
umanità, umanità,
arrivederci
Traduzione Andrealodovisi

Marcia mondiale per la Pace e la Nonviolenza




La 1° Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza, partita dalla Nuova Zelanda il 2 Ottobre passata in Italia dal 7 al 12 Novembre del 2009 si è conclusa a Punta de Vacas il 2 Gennaio 2010. Durante il suo cammino la Marcia ha chiesto ai governi di tutte le nazioni la riduzione progressiva degli armamenti ed il loro impegno per promuovere delle soluzione nonviolente ai conflitti in corso nel mondo.



L’evento ha visto un’ elevata partecipazione anche in Italia da parte di bambini, giovani, gruppi pacifisti e nonviolenti, istituzioni pubbliche e private, personalità del mondo della religione, dello spettacolo, della scienza, della cultura e della politica sensibili alle finalità del progetto.

fonte-marcia mondiale

sabato 2 gennaio 2010

Diario- Il gigante e la bambina

Lavoro come educatrice in un asilo nido, professione molto bella, intensa, che dà molto a noi adulti, perchè se è vero che noi li "educhiamo", loro, i bambini ci fanno continuamente meravigliare dei loro progressi, tutti i giorni; ci mettono in una situazione di continua verifica con noi stessi e ci danno modo di riflettere sul rapporto che abbiamo con loro e con gli altri adulti del nido.
Certamente è un lavoro intenso, stancante, fisicamente e psicologicamente ma, a volte sono molto più stressanti le relazioni con le colleghe!

Al nido le canzoncine, filastrocche, storie e fiabe fanno parte della quotidianetà della giornata; i bambini, sopratutto quelli più grandi amano ascoltare le storie; spesso il racconto è supportato da una visione del libro, che racconta e stimola, con le immagini la visione del narrato.

Quattro anni fa iniziai per caso a narrare ad un gruppo di sei bambini una nuova storia, inventata sul momento. Gli piacque così tanto che il giorno seguente alcuni mi chiesero di raccontargliela di nuovo.
Quasi non me la ricordavo più, ma furono i bambini a condurmi con i loro ricordi del giorno prima a ricollegare la sequenza temporale ed i personaggi.
La storia è variata di pochi elementi in questi anni, è pressocchè identica alla prima; i bambini certamente non sono più gli stessi, ma l'ho proposta sempre ai nuovi arrivati ed ho potuto verificare il loro entusiamo ad ascoltarla.

Ora la voglio raccontare....

La bambina ed il gigante

C'era una volta una bambina che abitava con i suoi genitori in una casetta vicino al bosco.
Un giorno la bambina chiese alla mamma: "Posso andare a fare una passeggiata nel bosco da sola? Voglio andare a raccogliere dei fiori ed i funghi".
La mamma ci pensò un po' e poi le disse di si, raccomandandole però di tornare presto, prima che arrivasse il buio.
La bambina tutta contenta, si vestì, prese un cestino e si incammino verso il bosco.

Arrivata nel bosco vide che c'erano tanti fiori colorati e molti funghi che la mamma le aveva insegnato a raccogliere e si mise a prenderli.
Mentre li metteva nel cestino, ne vedeva altri e così si allontava sempre di più.
Alcuni scoiattoli la seguivano, saltando da un ramo all'altro, facendo buffe smorfie ed anche un piccolo cerbiatto le venne vicino.
Lei tentò di accarezzarlo, ma lui più di tanto non si faceva avvicinare.
La bambina era molto felice, aveva raccolto oltre ai fiori ed ai funghi alcune bacche rosse, molto belle che avrebbe donato alla sua mamma, quando sarebbe ritornata a casa.
Camminava e camminava, cantando delle allegre canzoncine, non accorgendosi che si allontanava sempre più dal sentiero e che il sole stava andando via.
Ad un certo punto si fermò, smise di cantare e finalmente si accorse che il bosco stava diventando buio; non sentiva più il cinguettio degli uccellini ed anche il cerbiatto e gli scoiattoli erano spariti.
Cercò di riprendere il sentiero che l'avrebbe portata a casa, ma cerca e ricerca non lo trovò ed allora si mise a piangere ed a urlare: "Aiuto, Aiuto, c'è nessuno che mi può aiutare?"
Intorno a lei era tutto silenzio.
Tutti gli animali del bosco erano tornati nelle loro tane: Gli uccellini nei nidi tra gli alberi, gli scoiattoli dentro le loro casine ed il cerbiatto era andato dalla sua mamma a mangiare.
Disperata, la bambina continuò a camminare lentamente, poichè era tutto buio e solo la luna illuminava il bosco.
Cammina cammina vide in lontananza una piccola luce e si tranquilizzò incamminandosi verso quella parte.
La luce si faceva sempre più grande e luminosa mentre si avvicinava e lei era contenta, pensando che ci fosse una casetta; con grande meraviglia scoprì invece che la luce invece un grande fuoco che illuminava l'entrata di una caverna.
La bambina iniziò a urlare" Aiuto, Aiuto mi sono persa nel bosco. C'è qualcuno che mi può aiutare a tornare a casa?"
All'inizio nessuno le rispose, poi, ad un tratto, la bambina sentì come dei grossi passi che si avvicinavano e con grande stupore scoprì che erano i passi di un gigante.
Era alto alto e grosso come un armadio ed indossava una camicia ed un paio di pantalonacci,
aveva una barbona un po' grigia ed un po' nera ed un cappellaccio in testa.
Guardandola negli occhi le chiese arrabbiato: " Chi sei, cosa sei venuta a fare nella mia casa?"
La bambina iniziò a piangere e le rispose di non farle male, si era solo perduta nel bosco e voleva tornare a casa dai suoi genitori.
Il gigante, la guardò pensieroso, poi le sorrise e le disse: "Non aver paura, io sono un gigante buono, non ho mai fatto male a nessuno, dai, vieni dentro la mia caverna, stavo mangiando, penso che a quest'ora avrai fame anche tu, dai entra, non aver paura!"
La bambina lo guardò un po' meglio e si accorse che il gigante aveva un viso buono, sorridente, gli si avvicinò ed insieme entrarono nella caverna.
Dentro c'era un tavolone con alcune sedie, il gigante l'aiutò a salirvi sulla più piccola ed insieme iniziarono a mangiare.
C'erano tante cose buone, la pasta con il pomodoro, il pollo arrosto con le patate, tanta frutta e alla fine dei deliziosi biscottini.
Mentre mangiavano, il gigante le disse che nel bosco abitavano altri giganti come lui, tutti buoni, però ogni tanto si sentiva solo e cercava qualche nuovo amico.
La bambina invece gli raccontò come mai si era persa nel bosco e quanto volesse bene ai suoi genitori.
Finito di cenare, il gigante le disse:" Ora ti riporto a casa, saranno in pensiero i tuoi genitori, conosco bene il bosco e troverò la tua casa molto velocemente.
E così fece, prese tra le braccia la bambina e la riportò a casa dove i suoi genitori l'aspettavano con ansia.
Anche loro all'inizio furono sorpresi nel vedere il gigante, ma dopo aver parlato con lui, lo ringraziarono vivamente e gli dissero di ritornare anche il giorno dopo, per mangiare tutti insieme.
E così nacque una grande amicizia tra di loro; lui andava spesso a trovarli... anche se doveva stare attento a non picchiare la testa nel soffitto.

E' un racconto semplice, con pochi personaggi.
Non avendo l'ausilio delle immagini, drammatizzo la storia, (cogliere i fiori, cantare una canzone ecc) minimizzando però i momenti più "paurosi" del racconto come l'incontro tra la bambina ed il gigante.