Se c’è rimedio perché te la prendi?
E se non c’è rimedio perché te la prendi?
Confucio

martedì 29 settembre 2009

Cannabis terapeutica

Ho finito ora di vedere il programma televisivo "Le Iene", riguardo alla somministrazione della Cannabis per malati di sclerosi multipla.Ogni tanto ci sono programmi, rari, che hanno il coraggio di dire cose veritiere ma controcorrente e questo Le Iene lo hanno fatto molto bene, con dati clinici alla mano incontrovertibili. Ero già informata sulla possibilità della Cannabis di poter curare alcune malattie ed ora voglio approfondire l'argomento in questo post.
Ci sono tantissimi siti dove viene spiegato molto chiaramente ed in maniera inequivocabile il grande valore medicinale di questa pianta
Il sistema degli endocannabinoidi è stato scoperto grazie alle ricerche effettuate sul delta-tetraidrocannabinolo ( THC ), il componente attivo della Cannabis e comprende recettori per i cannabinoidi, i cannabinoidi endogeni,( endocannabinoidi ), e gli enzimi che sintetizzano e degradano gli endocannabinoidi.

Esistono almeno 2 tipi di recettori per i cannabinoidi, CB1 e CB2.
Il sistema degli endocannabinoidi è stato individuato in molte regioni del cervello: corteccia, ippocampo, gangli basali, cervelletto, striato, amigdala e nucleo accumbens.
La densità dei recettori è particolarmente alta nel cervelletto, corteccia, ippocampo, ipotalamo e gangli basi.
Queste aree interessano la memoria, la funzione motoria ed i comportamenti di ricompensa.
I recettori CB1 sono stati trovati in modo preponderante a livello dei terminali nervosi centrali e periferici, dove mediano l’inibizione del rilascio del trasmettitore.

I recettori CB2 sono espressi principalmente sulle cellule immunitarie, dove modulano il rilascio di citochine e la migrazione di cellule del sistema immunitario.

Da questo si deduce che il ruolo comune dei recettori CB1 e CB2 sia quello di regolare il rilascio di messaggeri chimici.

Gli endocannabinoidi sono importanti modulatori della risposta fisiologica dell’asse HPA ( ipotalamico-pituitario-surrenale) durante condizioni di stress ripetitivo e nelle condizioni patologiche, come ansia, fobia, depressione e disturbi da stress post-traumatico.
Inoltre è stato ipotizzato che il sistema degli endocannabinoidi svolga un importante ruolo nella protezione contro la neurotossicità e probabilmente, contro certe forme di epilessia.
Per tale ragione i farmaci che agiscono come antagonisti dei recettori CB1 dovrebbero essere attentamente monitorati, ad esempio, nei pazienti con ansia, epilessia o disturbi neurodegenerativi.

Il sistema degli endocannabinoidi è ritenuto svolgere un ruolo in :

a) Dolore: i recettori CB1 sono localizzati sulle vie del dolore nel cervello e nel midollo spinale e sui terminali periferici e centrali dei neuroni primari afferenti che mediano sia il dolore neuropatico che quello non-neuropatico.
Studi su animali hanno indicato che il cannabinoide endogeno anandamide ed i ligandi del recettore dei cannabinoidi sono molto efficaci nei confronti del dolore, sia di origine neuropatica che infiammatoria.
Gli agonisti dei cannabinoidi possono anche rilasciare gli oppioidi endogeni.

b) Sclerosi multipla: c’è evidenza da studi clinici condotti su pazienti con sclerosi multipla, che i cannabinoidi possano ridurre gli spasmi, la spasticità, i tremori in questi pazienti. Studi su modelli murini di sclerosi multipla hanno indicato che l’attivazione dei recettori CB1 e CB2 mediante somministrazione esogena di agonisti, o favorendo il rilascio endogeno, può opporsi alla progressione della sclerosi multipla, rallentando il processo neurodegenerativo, riducendo l’infiammazione e promuovendo la rimielinizzazione.

c) Tumore: numerosi studi hanno indicato che i cannabinoidi potrebbero direttamente inibire la crescita tumorale.
I meccanismi proposti sono complessi e possono implicare l’induzione dell’apoptosi nelle cellule tumorali, un’azione antiproliferativa ed un effetto metastatico attraverso l’inibizione dell’angiogenesi e della migrazione delle cellule tumorali.
d) Disordini intestinali: esiste evidenza che certi disordini, caratterizzati da infiammazione del tratto gastrointestinale o da diarrea, possono essere associati ad un aumento dei livelli intestinali di endocannabinoidi e/o dell’espressione dei recettori CB1 mediante neuroni mesenterici; inoltre, l’iperattività del sistema degli endocannabinoidi migliora almeno alcuni dei sintomi di queste malattie. Il miglioramento può essere mimato dagli agonisti del recettore CB1 o favorito dagli inibitori del metabolismo degli endocannabinoidi.

e) Disordini mentali: gli studi hanno mostrato che i livelli di anandamide sono sensibilmente più alti nel liquido cerebrospinale degli schizofrenici paranoidi al primo episodio e naive agli antipsicotici, e degli schizofrenici che assumono farmaci antipsicotici atipici, che nel liquido cerebrospinale dei controlli sani.
I livelli di anandamide nel liquido cerebrospinale sono negativamente correlati con i sintomi psicotici nei pazienti schizofrenici. E’ stato ipotizzato che l’anandamide abbia un ruolo protettivo nella schizofrenia
f) Eccitotossicità: è stato osservato che l’acido kainico aumenta i livelli di anandamide nell’ippocampo e che questa eccitotossina induce più gravi crisi epilettiche, quando il recettore dei cannabinoidi è deleto o bloccato farmacologicamente.

g) Disordini cardiovascolari: i recettori CB1 hanno un ruolo molto più importante dei recettori CB2 nella regolazione cardiovascolare.
I recettori CB1 sono stati trovati nel miocardio, dove mediano l’effetto inotropo negativo, ed anche nel tessuto vascolare, dove la loro attivazione porta alla vasodilatazione .
Entrambi questi effetti appaiono essere coinvolti nell’effetto ipotensivo dell’anandamide.
I terminali nervosi sinaptici contengono i recettori presinaptici CB1, la cui stimolazione inibisce il rilascio di norepinefrina, che contribuisce agli effetti bradicardici dell’anandamide in vivo.

h) Disordini oculari: gli endocannabinoidi ed i recettori dei cannabinoidi svolgono un importante ruolo nella regolazione della pressione intraoculare.
Gli endocannabinoidi così come i recettori CB1 sono presenti nella retina. I cannabinoidi esercitano effetti neuroprotettivi contro la neurotossicità a livello retinico. ( Xagena2008 )

Il Sativex usato dai malati di sclerosi multipla è un farmaco sviluppato dall' azienda britannica GW Pharmaceuticals. Fa parte di un programma di ricerca volto a sviluppare estratti standardizzati di Cannabis a partire da varietà botaniche a contenuto predeterminato di principi attivi (THC e CBD).
Sativex è un estratto totale della pianta di Cannabis, standardizzato. Contiene due principi attivi, quasi in uguale quantità: delta-9-Tetraidrocannabinolo (THC) e Cannabidiolo (CBD). Il farmaco è assunto mediante spray orale fino ad un massimo di 6 dosi/die.
"In Italia è possibile importare farmaci a base di cannabinoidi per contrastare il dolore e gli spasmi muscolari nella sclerosi multipla, la nausea durante la chemioterapia e il deperimento fisico nella sindrome da Hiv, ma anche le convulsioni epilettiche, l’artrite reumatoide e il glioblastoma (un tipo di tumore al cervello che secondo un recente studio dell’Università di Madrid verrebbe attaccato dalle molecole di tetraidrocannabinolo, THC, presenti nella marjuana.) La trafila burocratica per ottenere questi farmaci è estremamente complessa, lunga e costosa. Il servizio sanitario li fornisce solo in regime di day hospital e a seconda delle disponibilità finanziarie della regione. Così può capitare che la Provincia Autonoma di Bolzano o la Regione Marche passino il prodotto, ma che in altre regioni il comportamento vari addirittura a seconda dell’azienda sanitaria di appartenenza. Il costo medio, per un mese di trattamento, che si tratti di Sativex, Bedrocan o altri medicinali a base di cannabinoidi, si aggira intorno ai 5-600 euro, la metà dei quali per le tasse di importazione e le spese di spedizione. I tempi per ricevere il medicinale possono comportare anche mesi di attesa.I pazienti che ricorrono legalmente ai farmaci a base di cannabinoidi non sono tanti. Secondo i dati comunicatici dal Dottor Diego Petriccione, direttore dell’Ufficio Centrale Stupefacenti del ministero della Sanità, nei primi quattro mesi del 2008, gli ordini sono stati solo un centinaio. Ma una breve ricerca su internet porta a conoscere numerosissime storie di dolore e di pazienti che, non potendo affrontare i costi e i tempi della trafila legale, ricorrono alla marijuana comprata per strada. Un fenomeno sommerso che non si è mai tentato di quantificare ufficialmente e che, stando a quanto ci ha comunicato il vice ministro alla Sanità, Ferruccio Fazio, attraverso il suo ufficio stampa, il governo non è interessato a studiare, nonostante l’erba comprata per strada possa risultare estremamente pericolosa per pazienti dal fisico fortemente debilitato, come ci ha spiegato il professor Francesco Crestani, presidente dell’Associazione Cannabis Terapeutica.
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo” recita l’articolo 32 della Costituzione. O almeno così dovrebbe. Giampiero Grassi, ricercatore presso l’Istituto Sperimentale per le Colture Industriali e forse il maggior conoscitore di canapa in Italia, sostiene che potremmo produrre il farmaco in Italia ad un terzo del prezzo attuale, risparmiando sulle tasse di importazione e di trasporto. L’Italia coltiva la miglior canapa terapeutica d’Europa, per la quale riceviamo anche dei finanziamenti dall’Unione Europea, ma siamo costretti a distruggerla quasi tutta, dopo averne utilizzata solo una minima parte negli ospedali. “Un istituto pubblico come il nostro – spiega il dottor Grassi- che agisse sotto regime controllato e senza scopo di lucro, potrebbe arrivare a produrre un estratto, facile da gestire e da miscelare con altre sostanze. Se le ragioni dei pazienti venissero prese in considerazione, si potrebbe stipulare un accordo con l’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze, lo stesso che in questigiorni è stato attivato per il vaccino dell’influenza suina, perchè trasformino il prodotto naturale, che gli forniremmo noi, in un medicinale finito e commercializzabile. Resterebbero, è vero, tutti i problemi legati alla distribuzione, che fa capo all’AIFA (l’Agenzia Italiana del Farmaco), per superare i quali occorre la volontà politica”.Per Antonio Morandi, presidente della Società Scientifica Italiana di Medicina Ayurvedica, il problema riguarda più genericamente la definizione di farmaci sintetici e principi naturali. “La cordifolia, ad esempio – racconta – è una pianta fondamentale nella medicina ayurvedica ma non può essere prescritta perché contiene efedrina, ed è considerata tossica. L’efedrina sintetica, però, può essere somministrata tranquillamente. E’ la lobby delle case farmaceutiche che guadagna sui brevetti: esistono due tipi di brevetti, quello di formula, nel caso della scoperta di una nuova molecola, che permette guadagni immensi perché ne garantisce la piena proprietà; e quello d’uso, che si applica ad una molecola già conosciuta e permette dei ricavi limitati. Nel caso delle piante tradizionali il brevetto è debolissimo perché sono tutti principi già conosciuti. Le case farmaceutiche non hanno quindi interesse a produrre certe medicine, non perché non ci si guadagni,ma perché ci si guadagna troppo poco”. La tesi del dottor Morandi ci è stata confermata anche da un medico della casa farmaceutica Recordati, che ha parlato con noi in forma anonima, anche se – ci ha tenuto a sottolineare – il vero problema resta di tipo politico e cioè il fatto che l’Aifa non concede l’autorizzazione per la produzione del farmaco in Italia.“Il problema è che in Italia c’è pochissima sensibilità verso il dolore al punto che solo l’8 percento dei medici ha ritirato il ricettario speciale per gli oppiacei e i cannabinoidi”- sostiene la dottoressa Rosanna Cerbo, docente dell’Università La Sapienza di Roma e responsabile del centro di medicina del dolore ‘Enzo Borzomati’ – pensiamo al decorso post operatorio: quando un paziente chiede un analgesico per alleviare il dolore, la frase più ricorrente che si sente rispondere è: ma non può resistere?”Le soluzioni ci sarebbero: produrre il principio attivo negli istituti statali, autorizzare le case farmaceutiche a farlo, o permettere l’auto-coltivazione terapeutica. Ma tutte implicano un atteggiamento culturale diverso, che nasce dalla conoscenza e dal rispetto della sofferenza".sottoosservazione.wordpress.com/

E' l'ultima frase scritta nell'articolo integrale su "sottoosservazione"di Chiara Pracchi ad evidenziare il vero problema, "'l'atteggiamento culturale ed il rispetto della sofferenza",in uno stato democratico e civile, non collaborazionista con le potenti lobby farmaceutiche, potrebbe fare tantissimo per migliorare le migliaia di malati che soffrono quotidianamente.
"Le persone che soffrono cercano cio' che possa aiutarle. Perche' escludere la marijuana solo perche' alcuni la usano per fini ricreazionali!"




1 commento: