Se c’è rimedio perché te la prendi?
E se non c’è rimedio perché te la prendi?
Confucio

giovedì 14 gennaio 2010

Diario -L'ospedale

Mia madre mi ha accompagnato all'ospedale per assistermi durante una piccola operazione, mentre entravamo in corsia, mi voleva tenere la borsa degli indumenti, come fossi già stata operata, bisognosa d'aiuto..
Va detto che io ho 5o anni e lei 74, ma nei "momenti di bisogno" mi vorrebbe trattare come una ragazzina di 15 anni.
Alcune volte la lascio fare, come in questo caso, comprendendo la sua ansia, sicuramente più forte della mia, mentre il più delle volte, mi oppongo fermamente al suo comportamento, facendogli notare che oramai sono grandicella. Sono andata via di casa a 21 anni, scegliendo fin da giovane di vivere indipendente dai miei genitori anche se loro sono due persone meravigliose.
Ma torniamo ad oggi.
Ci siamo recate al reparto e qui un' infermiera mi ha condotto in una cameretta con due letti, dove si stava accomodando un'altra signora.
La stessa infermiera mi ha dato subito alcune disposizioni; spogliarsi, mettersi il pigiama, levarsi ogni monile, bere solo un goccio d'acqua per prendere le medicine abituali, pressione e tiroide ed...aspettare.
Dopo una decina di minuti la stessa infermiera è tornata a misurarmi la pressione e infilarmi in un dito una specie di ditale, dicendomi che serviva per controllare la circolazione sanguigna.
Una mezz'ora dopo sono riuscita a mandare a casa mia madre, sapendo che almeno per due orette non mi avrebbero chiamato dalla sala operatoria.

A quel punto mi sono adagiata sul letto continuando la lettura di "Uomini che odiano le donne" di Stieg Larsson.
Per due ore sono rimasta a leggere sia il libro che "la Repubblica" ed anche a finire un Sudoku, mediamente difficile.

A mezzogiorno, circa tre ore dopo il mio arrivo all'ospedale, mi alzo e girello nel corridoio, cercando di capire se qualche degente nel reparto sia già andato in sala operatoria e dopo aver chiesto ad un'altra infermiera quanto tempo avrei dovuto aspettare ho telefonato a mia madre per dirle che l'avrei chiamata io, al momento opportuno, dato che l'attesa si sarebbe prolungata per un bel pezzo.
Nel frattempo, in queste ore, mi sono arrivate alcune telefonate; dal mio compagno, da miei amici e parenti; "Come va?" "Tutto bene?" "Stai tranquilla, non è niente!"
Io sono abbastanza tranquilla, ma sentendo queste raccomandazioni inizio ad innervosirmi.
Col cavolo, non è niente
, anche se è una piccola operazioncina mi devono fare lo stesso una anestesia totale e sapere che, anche se per pochi minuti non sono cosciente, non ho il controllo delle mie azioni, la cosa non mi piace per niente

Ritorno a letto, cerco di dormire, mi rialzo, cammino nel corridoio, ritorno nel letto, leggo il libro, mi siedo nella poltrona e scambio poche parole con la mia compagna di stanza.

Il tempo passa, l'una, le due, le tre; la mia pancia ora brontola di brutto; "ho fame, ho fame!" mi dice sempre più spesso.
Io cerco di non ascoltarla, ma la caramella di menta che so di avere nella borsa, mi fa venire l'acquolina in bocca.
Sono le tre e dieci, entra finalmente una infermiera, che mi dice di mettermi una vestaglia verde, senza nessun indumento intimo, perchè entro una ventina di minuti mi avrebbe portato in sala operatoria.

La prima cosa che ho fatto è stata di telefonare al mio compagno e a mia madre.
Fino a quel momento, dicevo a me stessa: "dai che sei forte, non hai paura di nulla, Laura!"
ma invece ora mi tremano le gambe ed una leggera sudarella mi assale.

Vado in bagno, mi spoglio completamente e indosso la vestaglia verde, poi ritorno a letto.
"Ehi, non viene nessuno" dico tra me e me.

Un'altra infermiera con una divisa diversa da tutte le altre entra nella stanza, eccoci, ci siamo, è lei che mi porterà via, nel regno dell'incoscienza.
E così è. Laura C! domanda appena entra nella stanza, io la guardo con un mezzo sorriso, forse sarebbe meglio dire ghigno e l'affronto con coraggio.
"Sono io, eccomi!"
Mentre sgancia il letto per portarmi via, mia madre arriva trafelata. "Ciao ciao le dico tutta allegra, cercando di non far trapelare il mio stato d'animo, mi da un bacio e ...via.

Corridoio, corridoio, ascensore, corridoio ed ecco la grossa porta che si apre per andare alle sale operatorie.
Il letto viene fermato davanti ad una grossa apertura, dove intravvedo altri letti e paraventi; un infermiere si affaccia, mi sorride, (fortuna che in questo ospedale sorridono tutti) ed inizia una manovra delicatissima; con una pulsantiera in mano, abbassa, alza, sposta di continuo una lastra di metallo che si frappone tra il mio letto e lui.
E' il passaggio tra i sani ed i malati ed in questo momento mi viene da ridere, chissà perchè mi torna in mente la trattoria che avevamo qualche anno fa.

Vendevamo i polli arrosto da asporto, ed io ora mi sento un pollo, passato da un bancone all'altro. Com'è strano il cervello umano, a volte!
Valicata la zona limits distesa sopra un'altro lettino stretto, lo stesso infermiere mi tasta il braccio destro per infilarmi un'ago. "No, su questo braccio non mi trovano mai la vena" e lui " mi dispiace ma devo metterla solo sul braccio destro". E' un ragazzo giovane, avrà trentanni. "E' troppo giovane penso, avrà l'esperienza necessaria per infilarmi un ago? Mi giro con il viso dall'altra parte e aspetto il dolore forte, provato altre volte, ma, non ci posso credere, dopo avermi palpeggiato tutto il braccio e sfiorato con dita maestre le mie venuzze nascoste, conduce con delicatezza e bravura l'ago in una vena, senza che io abbia sentiton nessun dolore.
Ti voglio bene infermiere senza nome, il tuo viso non lo scorderò più!

Quando lui si allontana, inizio a gurdarmi intorno, stando naturalmente sempre sdraiata.
Mi trovo in una ampia stanza rettangolare, con vari separè, ora tutti chiusi. C'e un'altra persona, alla mia destra che si sta svegliano dall'anestesia, lo capisco perche alcuni infermieri gli si avvicinano chiamandolo per nome, lo toccano con gesti lievi chiedendogli come si sente.
Ah, come vorrei essere al suo posto, aver già fatto tutto!

Arrivano altri degenti che dopo poco vengono fatti entrate in una enorme porta scorrevole che intuisco conduce alle varie sale operatorie.
Mentre aspetto casca per terra due volte un quadernone blu che l'infermiere mi aveva posato sulle gambe. Sto iniziando a tremare, sia perchè ho freddo ed anche per la tensione che mi sta assalendo.

Intanto continuo a guardarmi intorno; infermieri/e, dottori che entrano ed escono dallo stanzone, commentano un'operazione, ridono, scherzano tra di loro, uno mangia un'arancia, un'altra dice che fa un Break, ha hame.
Lei ha fame! Ed io cosa dovrei dire. Sono più di 15 ore che non mangio, IO!

Dopo un tempo interminabile, almeno per me, arriva un dottore, mi saluta, anche lui molto gentile, mi fa alcune domande che sinceramente non ricordo e poi mi saluta dicendomi che sarà lui che mi opererà, un po' più tardi però perchè un parto cesareo non previsto ha occupato la sala chirirgica operatoria dove sono in lista.
Vabbè mi dico, per far nascere un bambino posso anche aspettare.

Mi sta venendo una specie di torcicollo a furia di guardare alla mia destra, del resto alla mia sinistra posso vedere solo una parte di muro e basta, mentre dall'altra c'è la vita.

Ora è arrivata un'altra signora, proprio vicino a me. Anche se non volessi sentire non potrei non farlo, ed allora ascolto mentre dice agli infermieri come si è rotta il tendine della mano con un piatto rotto. La sua voce non mi è nuova e quando si gira verso di me la riconosco, gestisce un negozio di abbigliamento dove mi reco alcune volte.

Passiamo qualche minuto a raccontarci le nostre sventure quando...

Eccoci, ci siamo. Si avvicina un infermiere con un cappellino verde che afferato la mia barella, lettino o come si chiama, mi fa entrare dall'altra parte della porta scorrevole.

Entriamo nella sala operatoria vera e propria; mi fanno distendere in un'altro lettino ed io inizio letteralmente a tremare.

Lunghi brividi mi scorrono nella schena, anche perchè c'è davvero freddo.
Una mano femminile si posa sulla mia spalla, ricuorandomi.
Vedo almeno due donne e tre uomini intorno a me che si preparano all'intervento. La stessa infermiera gentile ora mi pone sopra di me, ad una decina di centimetri dalla bocca una maschera bianca, mi sembra di silicone. E' giovane anche lei e carina, "Sono Pronta" dice all'equipe
CINQUE.. QUATTRO....TRE...........Due..............

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